Sfida della Comunicazione Tappa Umana Padova 1 – Liceo Fermi

REYER SCHOOL CUP? ALLENAMENTO?

31 Gennaio 2019 – ultimo controllo a macchina fotografica, go pro e tutto quel che sarebbe servito il giorno successivo per riprendere l’allenamento della squadra della scuola. Ecco, il terzo anno di fila a compiere quegli stessi movimenti, a metter tutto il necessario nello zaino per quell’ormai famoso e immancabile video per la Reyer School Cup, a pensare e ripensare ai momenti da immortalare il giorno successivo e… piove. Venerdì 1 Febbraio piove e noi, come accade sempre in questi casi, abbiamo solamente un campo da basket all’esterno. Ci alleniamo comunque lì? No, assolutamente, non possiamo rischiare di far ammalare quei 12 giocatori e i due allenatori. Cambiamo data? Impossibile, ormai tutti si sono programmati lo studio e organizzati i vari impegni nei giorni successivi proprio per poter esser presenti a quell’allenamento e alle partite il 7 febbraio. Cerchiamo una palestra al chiuso? Si, è l’unica soluzione possibile per la squadra… ma io come faccio? La trama, le inquadrature, le luci da sogno, tutto andato in fumo per colpa della pioggia; e non è tutto: il compagno di classe che doveva aiutarmi in questo lavoro è invece impegnato con il gruppo di teatro in vista dello spettacolo per i 50 anni della scuola. Niente video di presentazione della squadra? Poco male, la carta è sempre la carta, la penna c’è e l’occhio è pur sempre valido.

Spogliatoi. L’acqua sui giubbotti inzuppati dalla pioggia gocciola in modo lento e ritmico sul pavimento: è l’unico rumore che si sente. I 12 eroi indossano pantaloncini, scarpe e quella canotta con su scritto “Reyer School Cup” e “L.S. Fermi” che sperano di poter onorare fino alla fine del torneo; iniziano a sentirsi i primi respiri profondi, la concentrazione cresce esponenzialmente, gli sguardi si muovono per lo spogliatoio alla ricerca dei compagni. “ANDIAMO RAGA” risuona improvvisamente nella stanza: è il segnale, è il momento di scendere in campo. Una partita? Una finale? No, nulla di tutto ciò, un semplice allenamento, però l’ultimo prima del grande giorno, il che gli fa assumere qualche connotato più pregno, e tutti si sentono un po’ più carichi. Gli allenatori ancora non son arrivati, probabilmente sono imbottigliati nel traffico delle strade che pian piano vanno allagandosi, ma non importa, ogni momento è fondamentale e prezioso: qualche tiro a canestro, qualche esercizio di riscaldamento e subito una partita 5 contro 5 per confrontarsi con quei compagni di scuola che appaiono tanto diversi ora in campo rispetto a quando si incontravano casualmente per i corridoi. La voglia è tanta, la passione per questo sport anche troppa, motivo per cui non ci si tira mai indietro: tripla di qua, stoppata di là e qualche fallo giusto per non far mancare niente, ma sempre con il rispetto reciproco che regna.
21-17, finisce la partita e quasi per gioco del destino arrivano in quel momento gli allenatori: Pietro (o meglio “Dogg”) accompagnato da Raffaele (o, molto più comodo, “Raffa”); stretta di mano a tutti i giocatori, qualche parola con tono ironico e “da adesso iniziamo a fare sul serio. Tra noi ci conosciamo, sappiamo chi siamo, sappiamo di aver determinate caratteristiche, ma sappiamo anche che lavorando insieme possiamo arrivare ovunque noi si voglia.” Ed ecco l’intensità, la dinamicità, gli schemi da provare, gli esperimenti nei quintetti, i dubbi, la gioia e il dolore: tutto sembra esser complicato, ma la naturalezza dei movimenti e il clima leggero all’interno della palestra rendono tutto particolarmente piacevole, simile a un sogno, con un rapporto quasi di famiglia tra giocatori e allenatori. I passaggi, i tiri, le difese, le strette di mano e le pacche sulle spalle vanno avanti per un’altra ora circa, alla fine della quale il cerchio di centrocampo decide di riunire tutti gli atleti per le ultime parole di Raffa e Dogg, piene di gioia, ironia e speranza. L’urlo di squadra? Certo, c’è anche quello a coronare quel gruppo, come un ultimo saluto ai propri cari per poi ri-incontrarli qualche giorno dopo.

“Voi, ragazzi, che ci siete quasi abituati ormai, non avete idea di cosa fossero i tornei sportivi studenteschi, quella cosa che si faceva nell’anteguerra, quando c’erano ancora i dinosauri e la RSC non era ancora stata pensata. Una volta il tifo te lo sognavi, te lo dovevi proprio immaginare: mettevi la tripla e ti giravi verso gli spalti deserti, o al massimo popolati della classe che avrebbe avuto ginnastica in quel momento, e alla quale stavi pure dando fastidio, motivo per cui se ne stavano a guardare facebook perché instagram non ce l’aveva nessuno all’epoca”: questa è la reyer school cup fermiana, un misto e giusto equilibrio di responsabilità, spirito di sacrificio, stima reciproca e perché no, anche qualche presa in giro che non fa mai male per render il tutto più piacevole. Tra alunni ci si cerca poi a scuola per mettersi d’accordo su chi si deve occupare delle foto in allenamento, chi per le partite, chi del tifo e chi più ne ha più ne metta; il legame che si forma tra tutti gli studenti in campo e sugli spalti è un qualcosa che va oltre ogni aspetto possibile e immaginabile, e a noi fermiani va bene così: siamo pronti anche quest’anno!

By Pietro Canton